mercoledì 9 gennaio 2008

e va bene...

... dopo oltre due anni di inattività, riesumiamo questo blog!
Da adesso, direi, siamo UNDER CONSTRUCTION!

lunedì 28 novembre 2005

...è inverno!

E' già inverno:

le cime si coprono di bianco...

(Mte Pelmo visto da forcella Roan, 1996 m., sentiero 436, altavia n.1)

...gli alberi perdono le foglie...


...i larici ingialliscono e...


...cominciano a perdere gli aghi...


...i prati si colorano e i corsi d'acqua riflettono gli ultimi raggi di sole...

(Rio Mondeval presso forcella Ambrizola, 2277 m.)

...la mattina l'erba si copre di brina...


...la neve ricopre il terreno...


...ci si prepara ai rigori dell'inverno...

Montagna: alcuni consigli per l'uso



venerdì 7 ottobre 2005

Foto

Velenosa



Vipera comune (Vipera aspis)

Aspetto: La vipera comune ha il corpo tozzo e robusto, che termina con una breve coda, separata dal resto del tronco tramite una strozzatura. La testa è appiattita e ben distinta dal collo e, guardata dall'alto, ha forma triangolare. Corpo e testa sono ricoperti completamente da una fitta serie di squame. L'occhio è caratteristico perché possiede una pupilla allungata verticalmente. La vipera adulta possiede una lunghezza media da 45 a oltre 70 cm, i maschi sono normalmente più corti di una decina di cm rispetto alle femmine. La bocca risulta essere molto ampia rispetto alla testa ed è dotata di due zanne che possiedono un canale interno per il passaggio del veleno. Le zanne sono simili ad aghi da iniezione, e sono talmente lunghe che sono ripiegate all'indietro ed erette nella bocca solo al momento opportuno del morso. Il corpo è ricoperto di robuste scaglie di color metallico che permettono di ridurre l'attrito con il suolo.
Dieta: La dieta della vipera include vertebrati, come piccoli mammiferi (soprattutto roditori), uccelli, lucertole, rane e alcuni invertebrati. Nelle vipere le fasi di alimentazione più intensa sono alternate a fasi di digiuno che corrispondono per lo più ai periodi antecedenti la muta.
Abitudini: La si può trovare nelle zone meglio esposte e soleggiate con presenza di boschi e radure, fino ad una quota di 1.200 m. Predilige gli ambienti secchi e caldi, in prossimità di pietraie e di radure difficilmente accessibili, margini dei boschi naturali con fitte siepi di protezione. La vipera trascorrono molto tempo sulle pietraie in zone esposte ai raggi del sole, anche se, nei periodi più caldi, l'ottimale temperatura corporea è raggiunta anche stazionando all'ombra. Pur essendo animali prevalentemente diurni, rimangono talvolta all'aperto anche nelle sere e nelle notti d'estate. Quando la temperatura si abbassa questi rettili cadono in letargo, riacquistando vitalità solo con il clima temperato della primavera. Durante i freddi inverni le vipere rimangono ritirate entro buche o tane scavate da altri animali ad una profondità di circa 30 cm. Spesso si uniscono a lucertole e talvolta a rospi; altre volte trascorrono il letargo in solitudine o in gruppi di decine di individui. Le uova sono trattenute per circa quattro mesi all'interno del corpo della femmina, sino al momento in cui vengono alla luce dei piccoli completamente formati, del tutto simili ai genitori ma di dimensioni inferiori (15-20 cm).
Questo processo, che porta alla nascita delle piccole vipere è detto ovoviviparità. Quando giunge il momento della muta, l'animale inizia a muoversi tra i sassi e i cespugli strofinando il capo contro le asperità del suolo, finche non si rompe la vecchia pelle in prossimità delle bocca.
Da questo punto abbandona facilmente la vecchia pelle, sfilandosela come un guanto. ei giorni seguenti la nuova pelle appare vivacemente colorata e con evidenti riflessi metallici.
Riproduzione: Le vipere raggiungono la maturità sessuale al quarto - quinto anno e i maschi ricercano le femmine per riprodursi all'inizio della primavera, poco dopo il risveglio dal letargo invernale. Durante il corteggiamento il maschio colpisce la femmina con la lingua e fa vibrare il proprio corpo lungo quello della compagna che rimane completamente passiva. La "danza delle vipere" consiste in un insieme di movimenti sinuosi e ritmati che i maschi compiono nel fronteggiarsi, dapprima mantenendo eretta la parte anteriore del corpo e poi attorcigliando il collo l'un l'altro.

domenica 2 ottobre 2005

Raggi d'oro

Porcellina ispida (Hypochoeris uniflora)

Aspetto
: La Porcellina ispida ha i fiori color giallo oro molto acceso. La pianta è a semi-rosetta, con un fusto alto dai 5 ai 50 cm, poco peloso, ma con peli rigidi e con un vistoso ingrossamento a clava sotto al capolino fiorale. Le foglie della rosetta sono sessili, cuneato-oblunghe, dentate e ruvide. I capolini hanno un diametro di 4 cm, lunghi il doppio dell'involucro, che ha brattee frastagliate.
Habitat
: fiorisce tra luglio e settembre in prati magri, asciutti e soleggiati, ma anche in brughiere ed ericacee. La sua diffusione è estesa in tutte le Dolomiti, soprattutto tra i 1500 e 2600 metri. Questa foto è stata scattata il 16 settembre 2005 a Pralongià.

E' finita l'estate!

16 settembre 2005. E' insolitamente freddo a Pralongià. Nuvole cupe, grigie ed umide si avvicinano da Nord-Ovest, mentre il sole non scalda più come pochi giorni fa e tramonta, nascondendosi dietro al Sella. E' un paesaggio triste, già i larici cominciano ad ingiallirsi e i fiori cominciano a diventare una rarità ricercata da sciami di insetti impazziti. Macchie colorate di violetto sui prati stanno ad indicare una cosa sola: l'estate è finita... è il Colchico d'autunno!



Colchico d'autunno (Colchicum autumnale)

Aspetto
: Questo fiore assomiglia molto al Croco. Si presenta come un fiore che va da un color rosa chiaro al lilla molto acceso, è molto basso e non presenta le foglie basali (le foglie sono presenti solamente nei periodi in cui la pianta non è fiorita). All'interno del fiore presenta 3 stili di colore giallo–arancio ed un gambo verde.
Habitat
: il Colchico sboccia all'arrivo primi freddi, da fine agosto a novembre, sui prati umidi ad erba bassa e nel sottobosco di latifoglie abbastanza soleggiato, fino a 2500 m. La sua fioritura in questo periodo è il segno distintivo che lo distingue dal Croco, che invece fiorisce in primavera, allo scioglimento della neve. Attenzione, perché il Colchico è un fiore velenoso!

mercoledì 21 settembre 2005

Stambecco & Marmolada



Stambecco (Capra ibex)

Lo stambecco appartiene alla Famiglia dei Bovidi, sottofamiglia Caprini, ed è un animale perfettamente adattato alla vita sulle più alte pendici delle montagne, al di sopra del limite degli alberi. Non è affatto facile avvistarlo -e ancora meno fotografarlo-, visto che è solito appostarsi sopra a costoni poco accessibili. Tuttavia mi è più volte capitato di vederlo, soprattutto in Marmolada. Molto spesso lo ho avvistato nei dintorni di malga ombretta, in periodi però poco frequentati (marzo-aprile e settembre-ottobre). Le prime 3 foto sono state scattate il 25 agosto 2005 lungo il sentiero 607 dell'altavia n.2, che va dal rifugio Fociade (1982 m.) verso passo delle Cirelle (2683 m.) e raffigurano un maschio adulto di circa 3 anni marchiato dal Corpo Forestale (nella prima foto si vede il marchio rosso sull'orecchio). La quarta foto è invece stata scattata il 23 maggio 2004 in valle Ombretta (1968 m.).
Aspetto
: La sua corporatura è massiccia ed imponente: i maschi, più grandi delle femmine, raggiungono la lunghezza di 150 cm, l’altezza di 65-105 cm e un peso di 75-120 kg. La femmina invece non supera quasi mai i 60-65 kg di peso. La coda è invece piccola, solo di 12 cm. Maschi e femmine hanno corna diverse: nei primi sono molto lunghe, a forma di scimitarra, possono arrivare anche a 90 cm e presentano vistose nodosità sulla parte anteriore; invece nelle femmine le corna sono lunghe al massimo 30–35 cm e prive di nodi. Nei maschi è possibile una stima dell'età contando il numero dei nodi: infatti vengono generalmente sviluppati due nodi per anno, ad eccezione del primo anno di vita. Per questo il numero di anni è dato dal numero di nodi diviso due più uno, anche se questa è una regola soggetta ad eccezioni. La dimensione dell'impronta è di circa 7-10 cm x 6 cm, con forma rettangolare - bombata e zoccoli piuttosto arrotondati e incurvati.
Dieta
: E’ un erbivoro ruminante che si nutre di qualsiasi tipo di vegetale. Generalmente preferisce alcune specie di graminacee, come le festuche, ma anche erba, fogliame, gemme, rami, cortecce, licheni e aghi di conifere.



Abitudini
: Vive in branchi distinti tra i due sessi e pascola tra i 2000 ed i 3500 metri. Nel periodo invernale scende a quote più basse e fino all’inizio dell’estate può stazionare anche nei boschi di conifere. I maschi anziani spesso abbandonano il loro gruppo e vivono solitari.
Riproduzione: Il periodo degli amori va da dicembre a gennaio. In questa stagione i maschi si affrontano, usando se necessario anche le corna, per stabilire una gerarchia basata sulla forza, quindi sull'età, dove solo i più forti hanno il diritto di accoppiarsi con le femmine. E’ segno distintivo dei maschi in fase di accoppiamento la coda arricciata verso il dorso. Dopo 150-180 giorni di gestazione, le femmine partoriscono un solo piccolo. L’allattamento dura circa sei mesi e il giovane stambecco resta a vivere con la madre almeno fino all’anno successivo. In questi primi mesi possono però diventare le prede dell'aquila reale.
Nella catena alimentare
: Sono suoi predatori la lince, dove presente, e l'aquila, limitatamente ai capretti, tuttavia il vero nemico dello stambecco rimane il rigore dell'inverno e la relativa scarsità di cibo in tale stagione.



Lo stambecco era diffuso fino a qualche secolo fa sull'intero arco alpino, ma credenze -del tutto infondate- sui poteri curativi di molte parti del suo corpo, dalle corna al pelo, persino al sangue, lo fecero oggetto di una "persecuzione" e di una caccia così accanite che nel 1821 in Italia non ne restavano che un centinaio di esemplari, isolati nelle vettei più inaccessibili del Gran Paradiso. La creazione della Riserva Reale del Gran Paradiso da parte del Re Vittorio Emanuele II nel 1836 fece appena in tempo a salvare quegli ultimi branchi superstiti. Oggi gli stambecchi, dopo una serie di reintroduzioni effettuate nel corso degli anni in Italia, Francia, Svizzera e Austria, sono presenti con oltre 20.000 capi tutto l'arco alpino.

Rogna sarcoptica: Nel sito www.parks.it si legge: "
In Marmolada uccisi dalla malattia 9 esemplari su 10. Il comandante della Forestale: lotta contro il tempo per fermare l’ecatombe. Dolomiti, un acaro dimezza il numero degli animali. La squadra in volo: sono pelle e ossa, difficile curarli".

La foto sotto è inquietante. Raffigura una carogna (anche se questo termine non mi piace) di uno stambecco: l'ho scattata in valle Ombretta il 23 maggio 2004. Quel giorno in valle ho visto altre carogne, molte delle quali in avanzato stato di decomposizione. Inizialmente pensavo fosse stata una slavina, perché erano tutti "contorti" e vicini, ma poi ho saputo che nelle dolomiti era in corso una vera e propria epidemia di rogna sarcoptica.



lunedì 19 settembre 2005

Amanita muscaria



Ovolo Malefico (Amanita muscaria)

Venerdì a Pralongià era pieno di funghi. Soprattutto Amanite. L'Amanita Muscaria è il fungo per eccellenza. E' un fungo simbionte con un vistoso cappello di 6-20 cm, da rosso scarlatto a giallo-arancio ocraceo decorato con numerose "verruche" di colore bianco, umido e un po' viscoso. In principio il cappello è emisferico, poi pian piano si apre fino a diventare pianeggiante.. Le lamelle sono molto fitte, intercalate da lamellule larghe, ventricose, libere, bianche o leggermente giallastre. Il gambo è cilindrico e misura mediamente 12-25 x 1-2,5 cm; è pieno, leggermente ingrossato alla base in un bulbo che presenta cerchi concentrici di verruche, resti del velo generale. L'anello è ampio, bianco o leggermente giallino, striato, con al bordo rimanenze del velo generale. All'interno la carne è bianca sotto la cuticola del cappello, giallo-aranciata in profondità. Ha un odore e sapore insignificante. Le spore sono bianche in massa e lisce. Il periodo di crescita va da giugno a novembre, vive normalmente sia sotto le aghifoglie che sotto le latifoglie. E' un fungo assolutamente tossico, poiché contiene muscarina e derivati isoxazolici psicoattivi. I sintomi dell'avvelenamento da muscaria sono riportati nel sito http://www.salus.it/veleni/amanita_muscaria.htm e consistono in intossicazioni di tipo neurotropico, con uno stato confusionale, allucinazioni, delirio, miosi o midriasi, talora crisi convulsive; possibili effetti gastroenterici di lieve entità. Il nome deriva dal latino “muscarius”, cioé pertinente alle mosche, a causa della sua proprietà moschicida.





NB: notare le dimensioni di questa Amanita muscaria!

giovedì 15 settembre 2005

Campanula del Moretti

Campanula del Moretti (Campanula morettiana)

La campanula di Moretti è una specie endemica delle alpi orientali. Queste foto sono state scattate il 14 agosto 2005 in Val Travenazes sotto alla Tofana di Rozes.



Questa campanula costituisce uno dei più caratteristici ornamenti delle pareti rocciose verticali, dove fiorisce
tra agosto e settembre insinuandosi tra le fessure fin oltre i 2400 metri.


Questa fotografia è visibile in maggiore definizione cliccando qui.

Muschio

Questa foto è stata scattata il 4 settembre 2005 lungo il sentiero nr. 8 che da Passo Cimabanche porta verso Forcella Lerosa. Senza scendere in dettaglio (anche perché non ne so nulla) il letto di questo torrente è totalmente ricoperto da muschi.

Le prime piante terrestri che occuparono le terre emerse lo fecero solamente 450 milioni di anni fa. Fino a quel momento la scarsità d'acqua nella superficie emersa era stato il fattore limitante alla diffusione delle specie vegetali in ambiente continentale. Le Briofite furono quindi le prime specie vegetali che riuscirono ad evolvere dei meccanismi per sopravvivere sulla terraferma e che quindi la colonizzarono. Le Briofite sono organismi eucarioti, pluricellulari, autotrofi, a vita prevalentemente terrestre, prive di tessuti veri e propri. La soluzione evoluta dalle Briofite consiste nel rimanere legate ad ambienti ricchi di umidità e produrre spore resistenti a brevi periodi di disidratazione. Attualmente sono state classificate oltre 23.000 specie di Briofite, tutte legate ad ambienti umidi, che si suddividono in due gruppi: Epatiche e Muschi.

martedì 13 settembre 2005

Fotografo d'alta quota

Il concetto di un pianeta che va del medico è inconsueto. Presume anche che esista un medico speciale cui potersi rivolgere, dotato di conoscenza ed esperienza nel campo delle malattie planetarie e quindi in grado di dare buoni consigli...
[James Lovelock].



Gaia è il nome dato dal romanziere William Golding, premio
Nobel per la letteratura, su richiesta di James Lovelock, e derivato
dall'antica Dea greca della Terra, latinizzata poi in Gea. Oggi
Gaia è il nome di un super-organismo che comprende tutti i
viventi della Terra:<<...ipotesi secondo cui l'intera gamma della materia vivente sulla Terra, dalle balene ai virus e dalle querce alle alghe, poteva essere considerata come costituente una singola unità vivente, capace di manipolare l'atmosfera terrestre per le proprie necessità globali e dotata di facoltà e poteri di molto superiori a quelli dei suoi singoli costituenti...>>.
Lovelock ha introdotto per la prima volta l'ipotesi di Gaia nel
1972 in collaborazione con Lynn Margulis, biologa nota tra l'altro
per la classificazione dei viventi in 5 regni e soprattutto per
l'ipotesi che la cellula eucariote sia frutto di simbiosi tra
più cellule procariote e da allora, in oltre trent'anni, i contributi di altri studiosi hanno arricchito questa ipotesi e
l'hanno legittimata come teoria scientifica.

Secondo questa visione gli organismi viventi, il clima, l'ambiente
terrestre, sono un tutto integrato, un unico super-organismo in
cui l'attività dei viventi modifica gli aspetti fisici e
questi a loro volta influiscono sull'evoluzione e sul
mantenimento della vita sul pianeta.

Gaia può essere definita come un sistema complesso i cui
costituenti sono gli organismi viventi (biosfera) e il loro
ambiente materiale che comprende l'aria (atmosfera), le masse
d'acqua, come gli oceani, i mari, i laghi (idrosfera) e le rocce
(litosfera). Si può pensare a Gaia come un sistema aperto
formato da una catena (rete) di altri sottosistemi aperti "a
cascata", i quali sono accoppiati dinamicamente tramite scambi di
energia e materia in modo che l'output per un sottosistema
possa divenire l'input per un altro. Si tratta di un
"sistema di sistemi'' che si è sviluppato e continua a
svilupparsi con un processo evolutivo che coinvolge
contemporaneamente i viventi e il loro ambiente. Gli organismi
condizionano l'ambiente e questo condiziona le forme della vita,
come un cane che si morde la coda, i due si auto-regolano e
co-evolvono. In tale sistema, il clima e la composizione chimica
si regolano in maniera automatica (si autoregolano) per mantenersi
sempre in uno stato favorevole alla vita.


Un albero sotto i raggi del sole, un sasso segnato dalle intemperie, un animale, una montagna: tutti hanno una vita, una storia, vivono, soffrono, affrontano i pericoli, godono, muoiono. Ma non sappiamo il perché [
Hermann Hesse].

Insetti!



Gli insetti che si nutrono di nettare, e che quindi trasportano il polline, sono chiamati "pronubi". Questo termine deriva dal latino e significa che "favoriscono le nozze", intese tra un granulo di polline ed un ovulo.
Le api, così come molti altri insetti, giocano un ruolo fondamentale per favorire l'impollinazione. Questo è dovuto ad alcune loro particolari caratteristiche:

  • la folta peluria che ricopre tutto il corpo, che facilita l'adesione dei granuli di polline;
  • l'elevato numero di fiori visitati in un giorno perché le api sono delle instacabili volatrici;
  • la "fedeltà" ad una specie dall'inizio alla fine della sua fioritura, poiché una volta che un'ape ha trovato una buona fonte di nettare continuerà a visitare quella specie fino a che il nettare è disponibile;
  • la capacità di comunicare alle compagne, danzando, la posizione e l'entità di una sorgente nettarifera.







Cetonia Dorata (Cetonia aurata)

La cetonia dorata è un coleottero e può essere osservata nelle giornate soleggiate, già dalla metà di maggio, spesso sopra a qualche fiore. La cetonia vive nelle pianure e nei prati di tutte le Dolomiti e non solo: la si può trovare anche in Europa e in molte altre parti del mondo. Vola con le elitre chiuse. Le larve si sviluppano nella rosura delle cavità degli alberi, nei ceppi decomposti, nel terreno concimato di orti e giardini e occasionalmente nei formicai(questi ultimi sono frequentati di abitudine dalle larve dell'affine Potosia occuprea). Il suo ciclo di sviluppo dura un anno. Questa fotografia (in basso) è stata scattata il 26 agosto 2005 nei prati di Pralongià.


Zygaena filipendule

Alcuni Lepidotteri, le Falene, meglio note come farfalle notturne, sono attive solamente di notte. Pochi sanno che alcune Falene volano anche di giorno. Questo è il caso della Zygaena filipendule, una farfalla con appena 28-35 millimetri di apertura alare, con ali anteriori scure con caratteristiche punteggiature di rosso. Le ali posteriori sono rosse. Questa Zigaena, fotografata il 12 agosto 2005 sui prati del Col di Lana poggia su una Ambretta comune (Knautia arvensis). E' infatti facile scorgere questa Falena nelle calde giornate d'estate ferma sui fiori, anche a quote elevate, infatti si nutre del nettare.Anche se disturbata questa farfalla prende il volo solo raramente.

lunedì 12 settembre 2005

L' "artiglio del diavolo".

Raponzolo delle rocce (Physoplexis comosa)

Questa immagine è disponibile in formato ad alta risoluzione cliccando qui!

Il Raponzolo delle rocce (o Raponzolo chiomoso) è una pianta molto rara ed è protetta in tutte le Alpi. Fa parte della famiglia delle Campanulaceae ed è perenne. E' alta tra 8 e 20 cm con fusto striato, spesso pendente; le foglie sono glauche, lucide di sopra, le basali con lamina ovale, dentata, le cauline spatolate e dentate; il capolino è di 4 - 6 cm con 15 - 30 fiori; le corolle, lunghe 1,5 - 2 cm, sono tubulose di colore rosa-lillà e si rigonfiano nella parte inferiore, restringendosi verso l'alto in uno stretto tubicino, dal quale fuoriescono 2 - 3 stimmi biforcuti.



E' una pianta endemica delle Alpi meridionali e Prealpi calcaree. Fiorisce tra luglio ed agosto oltre i 1400 metri sui versanti rocciosi umidi e nelle piccole gole riparate. La sua somiglianza ad artigli, gli ha dato la denominazione tedesca di "Teufelskralle" ovvero
"artiglio del diavolo".



Le prime due foto sono state scattate nei dintorni del Col dei Bois, poco lontano da Passo Falzarego, il 14 agosto 2005, mentre la terza è stata scattata il 17 agosto 2005 sopra al lago di Lagazuoi.

Quando la volpe predica, guardatevi le galline

Volpe (Vulpes vulpes)



Aspetto: La volpe è di colore rossastro, con un muso aguzzo con le orecchie larghe e appuntite. Segno inconfondibile è la coda molto folta e relativamente lunga che termina generalmente con un colore biancastro [ogni volpe ama la sua coda, detto proverbiale]. Le orecchie ed i piedi sono neri. L’impronta della zampa è lunga circa 5 cm ed è larga 3,5 cm con una forma leggermente ellittica ed il segno delle unghie.
Dieta: E' considerato da sempre il predatore più diffuso su tutte le Alpi. Questo canide contribuisce in maniera efficace al controllo delle popolazioni di Roditori, di cui si nutre. Tuttavia la capacità della volpe di accontentarsi delle più diverse fonti di cibo ne fa un animale estremamente adattabile: cattura infatti anche topi, lepri, anatre, fagiani, piccoli di capriolo. In certe situazioni è stata vista anche cacciare pesci, lucertole e piccoli uccelli, che inganna fingendosi morta. A volte è stata vista cibarsi di lombrichi, lumache, larve di insetti e rane. Molto spesso, di notte, la si vede aggirarsi vicino ai centri abitati, dove è attirata da rifiuti di ogni tipo, che rientrano nella sua dieta.
Abitudini: La volpe è ancora oggi il predatore più diffuso su tutte le nostre montagne, tanto che non è affatto difficile incontrarne una. È un animale che vive nei boschi e nei campi, come nelle paludi, e sempre più spesso si avventura fin nei parchi e nelle periferie delle città. È un predatore audace, che si avvicina frequentemente alle case in cerca di cibo. Le volpi vivono in tane sotterranee, per le quali scelgono luoghi soleggiati, e riutilizzano anche vecchie tane di tassi o di conigli selvatici, che allargano. Il territorio circostante può avere un’estensione molto variabile, a seconda della disponibilità di cibo: dai 5 ai 50 chilometri quadrati.
Riproduzione: A maggio nascono 4-6 volpacchiotti; durante le prime quattro settimane il maschio si occupa di portare il cibo alla femmina e ai piccoli. È proprio in questo periodo che le volpi, spinte dalla fame propria e dei piccoli, si avventurano vicino alle abitazioni. Nelle prime settimane di vita la madre li nutre e li protegge dai predatori. L’infanzia infatti è il momento più rischioso nella vita di una volpe. La foto (peccato, avevo una macchina di solo 1.3 Mpixel) è stata
scattata il 17 luglio 2004 poco lontano da Passo Falzarego.

giovedì 8 settembre 2005

Camoscio

Il camoscio (Rupicapra rupicapra)

Il camoscio appartiene alla Famiglia dei Bovidi, sottofamiglia dei Caprini. È un Ruminante d'alta montagna, massiccio e con zampe forti e resistenti, che gli consentono di arrampicarsi e scendere velocemente lungo i ripidi pendii rocciosi.



Aspetto:
Il corpo ha una lunghezza di 110-130 cm ed è alto 70-80 cm, la coda è di 3-5 cm e il peso si aggira sui 30-60 kg. Il mantello estivo può andare da un color giallastro pallido ad un grigio rossastro, con gli arti più scuri e mascherina facciale bruna. Ad estate inoltrata (metà agosto) mettono il mantello invernale, con colori più scuri cominciando dalle parti ventrali, poi la testa, il collo e le parti dorsali. Il mantello invernale completo, osservabile da ottobre in poi, è bruno scuro. Verso fine inverno inizia la muta con il mantello che cade a ciuffi. Del camoscio sono caratteristiche le corna (dette trofeo) che presentano due astucci cornei di forma tipicamente ad uncino, con piccole differenze nei due sessi. Ogni anno il trofeo si allunga grazie alla produzione di nuovo tessuto corneo a partire dalla base degli astucci; questa finisce verso l'autunno. L'arresto e la successiva ripresa della produzione delle corna sono all'origine della comparsa di solchi (anelli di crescita), che sono utilizzabili per determinarne l'età. La crescita del trofeo non é omogenea: si sviluppa soprattutto nel 2°e nel 3°anno di vita; in seguito le crescite diventano millimetriche.



Dieta
: Il camoscio rientra in una categoria intermedia fra brucatori (capriolo) e pascolatori (muflone); è un buongustaio capace, all'occasione, di accontentarsi e sfruttare al meglio anche le risorse meno appetibili (licheni, aghi di pino). In una giornata tipo si osservano da 2 a 3 periodi di alimentazione (vengono ingeriti ~2,5 kg di vegetali), intervallati da lunghi periodi di ruminazione. In estate l'attività nutritiva continua durante la notte. In inverno, oltre a nutrirsi di quanto emerge dalla neve, il camoscio scava per accedere alla flora sottostante.
Habitat: Il camoscio è perfettamente adattato alla vita alle alte quote. Vive in tutte le Alpi e lo si vede sempre in piccoli branchi, tra i i 1800 e 2000 metri in inverno ed i 2500-3000 in estate. È estremamente consueto avvistarne più d’uno insieme ed in autunno si possono facilmente vedere anche i piccoli. L’habitat è costituito dalle zone rocciose e dai pascoli alpini. Femmine e giovani maschi vivono in branchi guidati da una femmina anziana, mentre i maschi adulti sono solitari e solo nel periodo degli amori, combattendo, si conquistano un harem. In questo periodo i maschi diventano territoriali e lasciano, sui tronchi e sui rami, dei marchi odorosi con la secrezione dell’organo ghiandolare situato alla base delle corna. I duelli tra maschi sono lotte cruente a base di cornate. In presenza di pericolo un individuo del branco si irrigidisce e fischia acutamente dal naso, battendo lo zoccolo anteriore per segnalare al branco la necessità di fuggire.
Informazioni: Mi è capitato spesso di avvistarlo. Le foto che vi mostro sono state scattate a Col di Lana nell'agosto del 2005.




la natura non fa nulla di inutile [Aristotele]

L'erba Carlina (Carlina acaulis)

L'erba carlina è amante del bel tempo ed odia la pioggia, perchè quando l'aria si fa umida e l'orizzonte si oscura, chiude il suo grande occhio argenteo, segnalandoci che il tempo sta cambiando... è proprio il caso di dire che la natura non fa nulla di inutile e che dobbiamo imparare ad osservarla e capirla!

Aspetto: I fiori sono racchiusi in una corona di brattee fogliari spinose che si ripiega verso il centro della corolla per proteggere gli organi della riproduzione. Le sue foglie sono rigide, segmentate e pungenti.
Habitat: La si trova facilmente tra l'erba dei pascoli fino a circa 2800 metri di quota.
Informazioni: La sua radice viene utilizzata per preparare pozioni di buona efficacia a scopo disintossicante e diuretico.


eccomi qui

Era ora, ci voleva...
la mia idea è quella di creare piccolo diario fotografico dedicato alla montagna. In questo spazio vorrei pubblicare le mie foto e qualche scheda relativa al soggetto.



NB: Tutte le foto presenti in queste pagine sono state scattate dall'autore di questo blog e quindi sono di sua proprietà. L'eventuale presenza delle stesse foto in altri siti o utilizzo a scopi commerciali è da considerarsi non autorizzata. In questo blog le foto saranno in media risoluzione (per questioni di spazio), solamente alcune (che saranno segnalate) avranno maggiore risoluzione.